Quanto rende tassare le escort?

Primo problema da affrontare: come si calcolano gli incassi 

A caccia disperata di imposte e balzelli per riempire le casse dello stato, qualcuno, in Italia, propone di tassare le prostitute. In Germania lo fanno da anni, e questa non è una notizia. Ma si trascura di appurare come funziona il sistema: Frau Merkel ci guadagna o ci perde? Per riscuotere dalle professioniste, intanto, serve il pragmatismo della società prussiana.

Non si può fare i moralisti e poi chiedere l'Iva su questa speciale attività. Se si tassa il sesso, bisogna riconoscere alle lavoratrici tutti i diritti connessi, dalla mutua alla pensione, e persino l'assegno di disoccupazione. E facilitare l'attività delle signore.
Primo problema: come si calcolano gli incassi? I funzionari del Finanzamt, l'ufficio delle imposte, che ha una sede in ogni quartiere della metropoli, leggono le inserzioni sui giornali o guardano gli appositi siti «caldi» in internet. Telefonano, vanno a controllare gli esercizi, gli «studios», come li definiscono qui. Valutano a occhio i guadagni, in base all'affitto, all'arredamento e all'indirizzo. Uno studio in via Veneto vale di più di una stanzetta in periferia. Non so se da noi sarebbe accettato questo calcolo «a vista», che dovrebbe per equità essere applicato a ogni altra attività, dal tassista al ristoratore, dall'albergatore al dentista. Le esercenti degli studios possono dedurre le spese per biancheria sexy e gadget vari, purché esibiscano regolare ricevuta. Così pagano le tasse anche i sexy shop. Esenti, di fatto, le irregolari che esercitano per strada. Le ragazze si possono iscrivere al sindacato dei lavoratori dello spettacolo: lavorano con il corpo, come attrici e ballerine.
Per aprire uno studio bisogna dichiarare all'amministratore del condominio l'attività svolta, altrimenti si rischia lo sfratto. E i condomini devono essere d'accordo. Non facile, ma non impossibile, specialmente in questi tempi di crisi in cui molti negozi chiudono. Le professioniste sono tenute a rispettare la quiete, cosa di cui non si preoccupano bar, caffè e pizzerie delle nostre città.
Non ci sono dati sulle tasse riscosse sul sesso, proprio perché non vengono tenute statistiche particolari. A occhio, non sembra che siano granché. La crisi ha colpito anche questo settore. Nel 2006, in occasione dei mondiali di calcio, a Berlino aprirono un Eros center, l'Artemis, proprio a ridosso della stadio, 3.200 mq con ristorante, piscina, sauna, e il resto. Gli affari non vanno bene, qui e altrove. Alcuni esercenti hanno lanciato promozioni particolari, con sconti ai clienti, ma sono stati denunciati per concorrenza sleale. Logicamente, in molti Eros center si paga in base alle consumazioni. Così, come nel quartiere a luci rosse di Sankt Pauli, ad Amburgo, si finisce per pagare anche l'Iva sul sesso. E gli azionisti dell'Artemis pagano le tasse come qualsiasi altra azienda: difficile evadere, il Finanzamt controlla le bottiglie di champagne e di whisky consumate, e fa i calcoli.
Sembra tuttavia che le tasse per lo stato non siano state un buon affare: le prostitute in Germania sarebbero 400 mila, e i loro introiti oltre i 15 miliardi di euro. Non so come vengano compiuti questi calcoli: a occhio, l'1% delle tedesche esercita, calcolando anche le neonate e le nonne. La maggioranza riesce a sfuggire al Finanzamt, rinunciando a mutua e pensione. Molte preferiscono stipulare un'assicurazione privata. Per riuscirci è necessario dichiarare alla mutua il tipo di attività, divise per categorie senza scendere in altri particolari: le ragazze vengono registrate sotto il numero 913, che riguarda le donne che lavorano in esercizi pubblici, hotel o ristoranti.
La responsabile per la prostituzione all'Agenzia per il lavoro ad Amburgo è da quindici anni Frau Mechtild Pingles, e ammette: «In teoria, una professionista del sesso ha diritto all'assegno di disoccupazione e a essere assistita da noi per trovare un altro lavoro, dato che la sua attività è riconosciuta e del tutto legale. In pratica è difficile trovare un posto per loro in un altro settore».
In Germania lo stato finanzia anche l'avvio di un esercizio privato come libero professionista invece di pagare l'assegno di disoccupazione. Tempo fa a Dresda una ragazza chiese una sovvenzione per aprire uno studio ben attrezzato, con grande imbarazzo dell'ufficio competente. Ma non si riesce a sapere come è andata a finire la vertenza. Anche nella patria di Lutero è difficile risolvere certi problemi fiscali.

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